L'ARTE DELL'INTRECCIO

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L’arte dell’intreccio si sviluppa in Sardegna e, in particolare, nell’area del Golfo di Oristano sin dall’età neolitica, come attestano reperti ceramici che portano sulle loro superfici l’impronta di cesti e stuoie realizzati con quest’arte. Molti centri della Sardegna sono infatti accomunati da questa tradizione antica: le donne hanno saputo insegnare i segreti dell’intreccio alle loro figlie e nipoti, realizzando materiali differenti, mescolando inserti colorati, disegni straordinari e motivi tradizionali.

Questa particolare attività artigiana si realizza attraverso l’utilizzo di materiali vegetali naturali come il giunco, il cipero (séssini), la canna e l'olivastro che spontaneamente crescono in ambienti rurali, particolarmente caratterizzati da zone umide.

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L’attività dell’intreccio trova un momento di particolare sviluppo in età contemporanea a San Vero Milis e in alcuni altri centri della Sardegna, tra gli anni ’50 e ’60, quando vengono coinvolti nella sperimentazione di nuove produzioni artigianali grazie all’inserimento nel circuito regionale dapprima nell’ambito dell’ENAPI (Ente Nazionale Artigianato e Piccole Industrie) e, poi, dell’ I.S.O.L.A. (Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano), nato nel 1957 sulle ceneri del precedente.
In quest’ambito nasce un Laboratorio, dove sotto la guida artistica di Eugenio Tavolara e di Ubaldo Badas, si formano decine di giovani artigiane. Questo costituisce un momento importante per l’intreccio sanverese perché si sperimentano nuove creazioni tese a superare le forme canoniche degli oggetti tradizionali e i motivi decorativi abituali. Nuovi canoni stilistici entrano così a far parte della produzione artigianale sarda.
Ma perché sopravviva, e anzi prosperi trasformandosi in una piccola fonte di reddito sostenibile, l'arte dell'intreccio deve aprirsi all'innovazione e agli stimoli di una società che si è trasformata.
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